Denpasar – Bangkok 1983

Una storia che mi è successa.
Estremo Oriente   Thailandia. Malesia Singapore Indonesia e ritorno. 1983
Ritorno da Denpasar -Bali , fino a bangkok.  E’ lunga. Lunghissima.
All’andata abbiamo fatto Thailandia, Surat Thani, Bandon, Ko Samui, poi giù in Malesia. con uno zainetto piccolissimo. Leggeri.
Kuala Lumpur, poi Singapore, Indonesia, Giakartha, una settimana nella splendida Gioggiakartha.  Poi Bali.   Un mese.
Il ritorno ci vede con una scadenza ferrea: il volo che da Bangkok, via Kuwait, ci porterà a Roma.
Non lo si può perdere.  Siamo finiti.  I soldi lo sono più di noi. I giorni di vacanza pure.
Prendiamo l’aereo che scavalca tutta l’indonesia, fino a Singapore.
Quì avevamo letto di un espresso che in 24 ore ci avrebbe portato a Bangkok. E avremmo avuto ancora un giorno di margine.
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Arrivati a Singapore, scopriamo che quel treno ha cambiato completamente programmazione.
C’è solo il lunedì. Il nostro volo per Roma è domenica.   Siam fottuti. 
C’è un treno, che sembra un tram di inizio secolo, con le panche in legno, che a 20 all’ora, in 55 ore, porta a bangkok.
Ci tocca quello.  Non ci sono santi.
Partiamo.
Davanti a noi c’è un signore, molto delicato, che appartiene a una setta in cui è proibieto tagliarsi le unghie.
Le sue saranno 40 centimetri e non può fare nulla in pratica, solo prestare attenzione a che non si rompano.
A fianco un arrogantissimo personaggio che a gomitate lo costringe infine ad andarsene.
Il viaggio in realtà è bellissimo. E in 55 ore di riflessioni se ne fan tante. Tipo: “non ce apprendimento senza dolore….” et similia.
Dopo due ore mi fa male il sedere, la panca di legno non concede nulla, il pensiero che me ne mancano 53 mi destabilizza.
Ma lo sapete quante cavolo sono 53 ore ?
Sul treno accade di tutto.  Mi ricordo l’ “immigration form”  in malesia:
“Remember: penalty for import, export, detain, bring, carry, sell or acquire drugs it’s DEATH  ! ”  (col punto esclamativo )
Arriva la sera e il corpo mi da dimostrazione del fatto che, quando ce n’è bisogno, ha risorse inaspettate.
Poggio la nuca sulla mia panchetta di legno, lo zaino sotto il bacino, i talloni sulla panchetta di fronte e mi addormento.
Come un baccalà, stecchito, mi sveglio dopo ore. Riposato. 
Assurdo. Ero in bilico, con punti di appoggio minimi e precari.
Sono da un pò di ore sul trenino, mi si avvicina una vecchia, mi squadra, poi mette sotto il mio posto una busta di cipolle.
Oh. Se poi c’è la droga ? io mi sposto.   Dopo un pò entra un doganiere.  Faccia da criminale. Rayban.  Colt 45 canna lunga in fondina, camicia sbottonata con capeza d’oro. Mi squadra pure lui, guarda le cipolle. Se le prende e e ne va.  Vabbè.
Dopo altre 20 ore (forse) nel dormiveglia, Miriam, che è a fianco a me mi sussurra con un senso però di urgenza nella voce: “hai visto quello ?” -“ma chi ?” – “quello che era seduto davanti a noi, si è buttato dal finestrino”.
Sono sveglio e vigile a quel punto.   Dopo un pò, uno seduto non lontano da noi, si getta fuori dal finestrino, ma non proprio, le gambe ci mettono un pò ad uscire.
Risuccede dopo un pò ad un altro e osservando bene tutto il vagone, vediamo gli stessi, dopo tempo, uscire dal bagno. Capiamo che in reatà escono dal finestrino e si issano sul tetto del treno in corsa. 
Vabbè, “corsa” è una parola grossa, diciamo in cammino.
Poco dopo entra un doganiere che sbircia tutti e le due cose sono per forza collegate, penso. 
Cerco di andare al bagno: un bambino sulla porta mi spiega in Thai che c’è un problema…..
Desisto.    Dopo mezz’ora ci riprovo, stesso ragazzino, stessa pippa.  “a regazzi, m’hai rotto”, apro la porta, del bagno ,ma si apre solo dieci centimetri: è stipato di biscotti fino al soffitto.
Ecco il casino di quelli che si buttavano dal finestrino: portavano i biscotti in bagno per contrabbandarli da malesia a thailandia. Se no le guardie se li pappano.  Pensa un pò.
Avrò visto mille altre cose su quel treno, ma mi vengono in mente solo queste.
Una delle riflessioni fatte in treno mi torna in mente, anzi due.
Il dolore è il più grande amico di conoscenza e soluzioni.
Le cose belle davvero si vedono da posti scomodi, in orari scomodi.
Viaggiare, viaggiare davvero intendo, non andare in vacanza, e comodità, non sono compatibili.
La comodità è “esclusiva”, esclude i poveri, gli altri, gli indigeni,la diversità, la gente, la verità.
Esclude conoscenza e incontro.

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